Giochi con me? Iniziano così i primi approcci del bambino, nei confronti di chi lo circonda e si prende cura di lui. L’importanza del gioco per i bambini sta proprio nel fatto che rappresenta il loro modo di relazionarsi con gli altri e di mettersi alla prova per conoscere le proprie potenzialità e abilità.
Ovviamente, a seconda delle differenti fasce di età, il bambino sperimenta diversi giochi e modalità per farlo. E questo va di pari passo con il suo apprendimento, con la capacità, che matura nel tempo, di “stare al mondo”.
“Come il bambino vive il gioco così si atteggia di fronte alla vita”.
Vediamo dunque nel dettaglio perché il gioco è così importante per ogni bambino, come cambia l’approccio man man che cresce e cosa fare per favorire il suo sviluppo cognitivo.
Perché è importante il gioco per i bambini?
Per non avere dubbi sull’importanza del gioco per i bambini, basti pensare a tutti gli educatori, psicologi e pedagogisti che hanno dedicato i loro studi a questo aspetto comportamentale.
“I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie” – Michel De Montaigne.
Per il bambino infatti, il momento del gioco non è uno svago, come per noi adulti che di tanto in tanto facciamo coincidere le attività ludiche con il nostro tempo libero.
Il bambino considera invece il gioco come un vero e proprio “lavoro”, è la sua attività principale da mattina a sera! Richiede impegno, dedizione, organizzazione ma non solo. Il bambino sperimenta, crea, sviluppa la propria fantasia. Grazie al gioco, scopre la propria personalità e la propria identità sociale.
La nota educatrice Maria Montessori affermava che, l’importanza del gioco per i bambini sta nel fatto che:
- viene spontaneamente, in maniera propositiva e volontaria
- stimola la creatività, il problem solving, le competenze linguistiche e le capacità fisiche
- contribuisce ad avere nuove idee
- favorisce l’adattamento sociale del bambino
- aiuta a gestire problemi di tipo emotivo
Questo approccio porta con sé un corollario fondamentale, secondo il pensiero montessoriano: il gioco deve essere libero.
Libertà di espressione significa giocare senza vincoli, senza seguire lo schema che l’adulto impone, con le sue regole. La differenza che passa tra fare ciò che si vuole e poter fare ciò che si è deciso di fare, è abissale. Solo quando si è liberi di esprimersi, allora l’individuo cresce e si sviluppa pienamente, in linea con chi è davvero (senza costrizioni o imposizioni dall’alto). Aspetto che ovviamente non deve coincidere con “faccio ciò che mi pare” ovvero mancando di rispetto al prossimo, causando danni o mettendo se stessi e gli altri in pericolo.
Grazie al gioco liberamente espresso, il bambino aumenta la propria autostima, in quanto diventa consapevole delle proprie capacità e potenzialità. Si afferma in qualità di individuo unico e “pensante” e non alla stregua di un semplice “imitatore” di ciò che gli adulti gli mostrano di fare.
Infine, Piaget mise nero su bianco l’importanza del gioco per i bambini, individuando le quattro tappe principali che caratterizzano l’età evolutiva:
- senso-motorio da 0 a 2 anni
- pre-operatorio da 2 a 6 anni
- operatorio concreto da 6 a 11 anni
- operatorio formale
Nei primi mesi di vita, il bambino è egocentrico (concentrato su se stesso) e inizia a giocare muovendo i piedini, le manine e portando alla bocca gli oggetti, per farne conoscenza. Man mano che cresce, inizia col ripetere le stesse azioni, sviluppa la coordinazione, il gioco con gli altri (in primis la mamma).
Impara a risolvere piccoli problemi quando si verifica un errore, imita i comportamenti altrui, incomincia a decontestualizzare, eseguire operazioni logiche, impara il pensiero reversibile (pensare due cose alla volta).
Apprende ad orientarsi nel tempo e nello spazio, fino ad arrivare ad acquisire il pensiero ipotetico-deduttivo ovvero pensare a un’azione e ipotizzarne già le conseguenze.
E tutto questo, “soltanto” attraverso il gioco!
Quando il gioco diventa apprendimento

Tenendo dunque come riferimento le considerazioni che abbiamo appena riportato, appare più semplice e intuitivo comprendere l’importanza della dimensione ludica per favorire l’apprendimento nel bambino.
Soprattutto nella fascia di età compresa tra i 3 e i 10 anni, che coincide con la prima fase di istruzione del bambino, il gioco va preparato e organizzato.
Questo non coincide con l’imporre un certo tipo di azioni o comportamento. Il gioco che favorisce l’apprendimento pone al bambino un obiettivo da raggiungere, la necessità e il vantaggio di seguire un processo didattico per riuscire nello scopo, il monitoraggio dei progressi.
L’adulto dunque è il regista ma è il bambino che riveste sempre il ruolo centrale. Lasciato libero di compiere azioni mirate e di mettere in atto comportamenti finalizzati all’obiettivo, il bambino cresce, si motiva, aumenta l’autostima e la soddisfazione personale.
Il risvolto della medaglia è che
“una scarsa attività ludica può comportare nel bambino gravi carenze dal punto di vista cognitivo”.
Ma non solo. L’importanza del gioco per i bambini è fondamentale anche per lo sviluppo emotivo del piccolo, che attraverso la funzione liberatoria che il gioco garantisce, riesce a controllare tensioni, paure, ansie, insicurezze ed aggressività.
E dal momento che giochi ed emozioni mutano col passare del tempo, andando di pari passo rappresentano anche un indicatore prezioso del benessere e dell’equilibrio psico-fisico del bambino.
Giochi e sviluppo cognitivo
Se è vero che dunque il gioco è innato nel bambino, sin da quando è neonato, è altrettanto certo che il ruolo degli adulti è fondamentale per stimolare il corretto avvicendarsi di ogni tappa di sviluppo.
Il problema dei giorni nostri, dal punto di vista del rapporto di gioco tra bambino e adulto, sta nella frettolosità che caratterizza le nostre giornate, frenetiche e piene di impegni. I bambini sono sempre più impegnati in attività sportive o extra-scolastiche e il tempo, per giocare con i propri genitori, è sempre più risicato.
Eppure attraverso questi momenti, il legame di intimità che si costruisce con la mamma o il papà, è quello che accompagnerà il piccolo per tutta la sua esistenza. Bastano pochi minuti al giorno ma completamente “dedicati” (senza guardare la tv ad esempio o sbirciare il cellulare): il bambino avverte se l’adulto è connesso oppure no.
Il ruolo del genitore è importante anche per educare al gioco. Non c’è bisogno di riempire il bambino di mille giocattoli, ma insegnargli a selezionarne uno solo a cui dedicarsi in quel momento, per poi partire alla scoperta di un altro. Il gioco libero è sempre preferibile, al contrario del bombardamento mediatico che oggi propone giochi interattivi, computer e tablet (intrattenimento passivo) già dalla prima infanzia, inculcando l’idea che si tratti della scelta migliore per un futuro pieno di opportunità per il bambino.
Infine, il genitore può fornire il suo prezioso contributo nella crescita di suo figlio, anche predisponendo delle adeguate aree di gioco nelle stanze. E con un po’ di pazienza, pensare che in quel momento, il bambino non sta “demolendo” la casa, bensì sta costruendo se stesso.
L’importanza del gioco per i bambini: le 5 fasi
Quali sono dunque i giochi indispensabili alla crescita, allo sviluppo e all’equilibrio psichico del bambino, negli anni della prima infanzia e della fanciullezza?
0-1 anno
Chi non ha mai ammirato un piccolo di poche settimane di vita, che “mangia” i propri piedini o sventola le manine davanti al viso? Il suo corpo -e quello della mamma in prevalenza- diventa il suo gioco preferito. Quei movimenti e quelle ripetizioni servono al bambino per imparare a distinguere tra il sé e il non sé. È utile in questa fase, stimolarlo con piccoli giochi adatti alla sua età.
2 anni
Questo è l’anno in cui il bambino vive l’ansia da abbandono nei confronti della mamma.
L’oggetto cosiddetto transazionale sarà allora un gioco che la mamma gli lascia quando si assenta. Per il piccolo rappresenta la garanzia che la mamma tornerà. Si tratta di una fase transitoria. In seguito quel gioco, così importante, verrà considerato alla stregua degli altri.
3 anni
Il bambino, con l’inserimento presso la scuola dell’infanzia, si apre al mondo e alla socializzazione. Inizia a provare l’interesse nel giocare con gli altri e tende a imitarne il comportamento.
4-5 anni
È il classico periodo in cui il bambino si immedesima nelle figure che gli stanno intorno. Gioca al dottore, a fare la mamma con le bambole. È una tappa dell’età evolutiva molto importante, in quanto attraverso il gioco, il bambino mostra le proprie dinamiche interne. Ad esempio può rappresentare una punizione che ha subito o le proibizioni che gli vengono date.
6-10 anni
È l’età della fanciullezza, in cui in prevalenza il bambino gioca con gli altri e impara a convivere all’interno del gruppo. I giochi dunque devono presentare delle regole comuni, nel rispetto di tutti.
Senza dubbio in buona fede, noi genitori facciamo di tutto per organizzare giornate a tema fuori casa per i nostri bambini, pur di farli “svagare” o pomeriggi senza sosta tra un’ora e l’altra, tra corsi di lingue o laboratori creativi. Semplicemente a volte, qualche ora in più trascorsa a casa o in giardino, in qualche gioco fatto insieme, apporterebbe molti più benefici.